Piani terapeutici, meno burocrazia per i cittadini

L’esempio delle gliflozine dimostra che sfoltire la burocrazia è possibile

I medici di famiglia trovano sempre meno attrattiva la professione anche per il carico burocratico che devono sostenere nel loro lavoro: i piani terapeutici ne sono un esempio perfetto, perché oggi sono quasi sempre un’inutile incombenza per farmaci divenuti col tempo di uso comune. Fortunatamente le cose cambiano e la recente decisione di Aifa sulle gliflozine dimostra che fare a meno dei piani terapeutici si può, a vantaggio di tutti.

L’Agenzia Italiana del Farmaco ha infatti recentemente deciso che le gliflozine – una classe di farmaci per il trattamento del diabete – potranno essere distribuite direttamente nelle farmacie, mentre fino a poco tempo fa i cittadini potevano riceverle solo direttamente dalle aziende sanitarie e con un piano terapeutico. Il caso delle gliflozine è emblematico: sono state introdotte circa dieci anni fa e sono estremamente utili, perché a differenza di molti altri farmaci per il diabete possono essere usate anche in caso di insufficienza renale. Dalla loro introduzione ad oggi sono quindi rapidamente divenuti farmaci cardine, ma proprio la loro versatilità ha reso problematico il loro uso, perché se un paziente soffriva solo di diabete allora il piano terapeutico era di competenza del suo medico di famiglia, ma se soffriva anche di scompenso cardiaco allora il piano terapeutico doveva essere compilato da un cardiologo. Una complicazione inutile, bizantina e insensata non solo per il singolo malato, ma per tutti: i medici di famiglia e gli specialisti erano costretti a redigere piani terapeutici superati dal tempo, togliendo tempo all’attività medica e diminuendo quello a disposizione dei loro altri pazienti, e il paziente doveva spesso fare la spola fra gli studi medici per avere una nuova confezione di un farmaco che ormai è usato comunemente.

La decisione di Aifa di eliminare il piano terapeutico per le gliflozine è quindi una buona notizia per tutti, ma non basta. I piani terapeutici, per come sono stati ideati, potevano infatti avere un senso tempo fa, ma a oggi non servono sostanzialmente a nulla se non ad assorbire tra il 30 e il 40% delle ore di lavoro totali di un medico di famiglia. Che servano effettivamente a qualcosa o meno, oggi i piani terapeutici sono però un obbligo senza il quale un paziente non può essere curato, e a farne le spese sono sia i medici – che preferirebbero sicuramente fare i medici a compilare scartoffie – che i cittadini, che vedono i loro medici di riferimento sempre meno disponibili. Abolirli in toto sarebbe quindi la soluzione migliore per tutti.

(Photo credits: Pixabay/Pexels)

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