“PRONTO, DOTTORE?”: I MEDICI DI FAMIGLIA E LA RELAZIONE DI CURA AL TELEFONO
Da circa vent’anni il rapporto tra i medici di famiglia e i loro assistiti è cambiato grazie all’arrivo dei cellulari: un’innovazione storica, che ha permesso ai cittadini di connettersi direttamente con il proprio medico e che poi ha visto arrivare sui telefoni mobili anche email e servizi di messaggistica come WhatsApp, rendendo possibile condividere anche foto e documenti in tempi rapidi. Questo ha sicuramente portato grossi vantaggi al sistema dell’assistenza perché ha permesso di risolvere dubbi e casi in cui una telefonata è il modo migliore per rispondere ad un bisogno di cura, e questo si è rivelato ad esempio vitale nei tempi di pandemia che abbiamo appena vissuto. Ha quindi assunto un rilievo sempre maggiore nell’equilibrio dell’attività assistenziale che il medico svolge ogni giorno, che vede i professionisti sempre più impegnati con i propri pazienti anche nella relazione mediata dai telefoni e dalla rete.
Per capire quanto e come questo succeda nella giornata media di un medico di medicina generale, abbiamo condotto un’indagine su 8 professionisti di Siena, Valdelsa, Valdichiana e Abbadia di cui 5 “massimalisti”, ovvero con 1500 o più assistiti. In totale assistono circa 11.200 cittadini e non hanno – tranne uno – un telefono fisso, ma collaboratori in ambulatorio che gestiscono direttamente le chiamate ricevute in studio prendendo in carico le richieste di certificati o ricette. Abbiamo preso in considerazione due settimane appartenenti a due periodi molto diversi tra loro, ovvero una nella quale era in corso un picco di contagi da Covid-19 (dall’11 al 15 luglio) e una nel quale il numero di casi era molto più basso (dal 19 al 23 settembre), raccogliendo il numero e la durata delle telefonate fatte e ricevute.
I dati ci dicono che in entrambe le settimane il numero medio di telefonate (tra ricevute ed effettuate) nel caso dei massimalisti è stato di circa 90 al giorno e la metà per 3 i non massimalisti. Di queste, circa il 40% sono chiamate che il medico effettua direttamente ai propri assistiti o per loro conto, ad esempio per effettuare prenotazioni per loro conto, per contattare l’ospedale o colleghi specialistici e più in generale per facilitare l’accesso ai servizi. Il 60%, invece, sono le chiamate che i pazienti effettuano direttamente al cellulare del medico, che riesce a rispondere mediamente nel 52% dei casi mentre nel 44% richiama appena possibile. Gran parte delle chiamate che il medico riceve, infatti, si concentrano durante gli orari di ambulatorio, quando lui o lei non può non dare la priorità ai pazienti che ha fisicamente di fronte. Solo il 4% delle telefonate, quindi, o si risolvono trasformandosi in altre forme di contatto con il medico (ad esempio tramite Whatsapp o email) o vanno a costituire il margine di miglioramento nella risposta al quale si mira per il futuro.
Nel complesso, l’analisi condotta ci racconta quindi che l’attività professionale che il medico svolge tramite telefono ammonta a circa 7-8 ore alla settimana indipendentemente dal fatto che ci si trovi o meno in una situazione di bisogno acuto, come un picco pandemico, e questo si aggiunge ai suoi altri compiti e, soprattutto, alle formalità burocratiche sempre più numerose di cui si deve far carico per conto dei suoi pazienti.
(Photo credits: Priscilla Du Preez/Unsplash)