Manca ancora l’approvazione del contratto 2022-2024, che è fondamentale per il Pnrr
È stata firmata l’intesa preliminare per il contratto 2022-2024 del Comparto Sanità. Si tratta di un’ottima notizia sia per i professionisti coinvolti che per i cittadini italiani, ma purtroppo manca ancora il suo equivalente per la medicina generale: una mancanza grave, perché senza questo contratto non si può sapere come le normative del Pnrr verranno applicate nel concreto per quanto riguarda i medici di famiglia.
Il contratto in questione – meglio conosciuto come Acn, Accordo Collettivo Nazionale – si riferisce al triennio 2022-2024, e come detto ancora manca. Ancora peggio, manca ancora l’atto di indirizzo della conferenza Stato-Regioni, che è il primo passo del processo di creazione di uno di questi contratti: una volta raggiunto l’accordo tra la parte pubblica nazionale e i sindacati l’Acn deve infatti deve essere affiancato da degli Accordi Integrativi Regionali (o Air), in modo che i medici di famiglia possano interfacciarsi al meglio con i sistemi sanitari delle loro Regioni. Tutti gli Acn si occupano in linea di principio di due cose: la prima è l’adeguamento alle nuove normative, quindi molto spesso come verranno forniti dai medici dei servizi che hanno accettato di fornire per conto dello Stato. La seconda è il contenuto più “classico” di un contratto, ovvero adeguamenti salariali, eventuali benefici e altri aggiornamenti di routine. Non a caso sia l’Acn 2016-2018 che quello 2019-2021 hanno recepito le normative post-Covid, mentre quello 2022-2024 dovrà recepire e mettere in pratica tutte le normative relative alla missione Salute del Pnrr.
In poche parole, quindi, quello che ancora manca – e siamo ormai a luglio – non è un contratto nazionale qualsiasi, ma il documento che dovrebbe dire nel concreto quali servizi i medici di famiglia dovranno fornire nei prossimi anni, con la “missione salute” del Pnrr ormai in dirittura d’arrivo, e in che termini dovranno farlo. In altre parole manca del tutto la tanto declamata necessità di valorizzare il territorio e la sanità territoriale: e questo per volontà, o per meglio dire inazione, della politica. I medici di famiglia sono i primi a voler far partire una trattativa con la parte pubblica, perché sono loro il vero ‘front office’ dei pazienti e subiscono le conseguenze di questa situazione quanto loro. Certo è che è piuttosto inutile riempirsi la bocca di valorizzazione della professione e di nuovi modelli organizzativi, se poi non si ha neanche la prontezza di aggiornare un contratto nazionale che è fondamentale per lo sviluppo della medicina di prossimità di un domani sempre più vicino.

(Photo credits: Pixabay/Pexels)